Autore: Salvatore Cesario
Il problema
Nel corso della Tavola Rotonda di un convegno sul simbolo1 scandalizzai la galerie affermando che nella mia pratica psicoterapeutica non avevo mai utilizzato il concetto di “simbolo”.
Qualche tempo dopo ho ripensato all’accaduto e mi sono, almeno parzialmente, ricreduto. Mi sono ricordato di essermi insistentemente interrogato, alla fine del mio tentativo di messa in racconto di Formosa (1994), da dove avesse mai derivato la sua forza — una vera e propria potenza — l’immagine che aveva guidato, per l’appunto Formosa, attraverso le vicissitudini terapeutiche e di vita, verso la “trasformazione”.
Una risposta che mi sono dato ad un certo punto è stata che quell’immagine era un’immagine “fascinatrice”. Questa definizione concordava con i miei prolungati studi sull’ipnosi e, in particolare, sull’ipnosi della vita quotidiana; peraltro le varie “mosse” da me individuate in Formosa erano mosse ipnotiche. Nel linguaggio di Lai si potrebbe parlare di “immagine appassionante”; come abbiamo già visto, da qualche tempo Lai ripete che ci sono “tre nuovi abitanti”, “tre inquilini della scena delle transazioni verbali”, la trance, la passione ed il conversazionalismo; ebbene, la passione, definita personaggio cosmologico rispetto a quelli antropologici dell’Io Grammaticale, del Soggetto Mentale e del Corpo Mortale, sembra costruire l’Io (e non, viceversa, appartenere a quest’ultimo); Lai ridefinisce diverse situazioni “patologiche” come passione del suicidio, passione dell’anoressia etc; solo una passione “più forte” può farne sloggiare un’altra. I tre nuovi “inquilini” hanno, tutti e tre, in comune una caratteristica: tutti e tre mettono in iscacco, tra parentesi, l’io, il quale, nel conversazionalismo, ad es., diventa un “semplice” io grammaticale; così come nella trance e nella passione era ed è “in balia”, per l’appunto, della trance e della passione. Come conseguenza, potremmo precisare, mettono in scacco l’io anche all’interno della relazione terapeutica; lo confrontano, cioè, con qualcosa ch’è “più forte” di lei.
Ripensandoci mi son detto che quell’immagine ricorrente, cangiante e produttrice di effetti, poteva anche essere definita: simbolo della trasformazione! Unica — ma nient’affatto marginale — precisazione: non si trattava di un simbolo canonico ma di un simbolo del tutto originale e, di nuovo: “quotidiano”; si potrebbe parlare di una simbologia della vita quotidiana?