Autore: Giampaolo Lai
“La presente trattazione non è, come le altre, intrapresa a fini teorici – perché conduciamo questa indagine non per
sapere che cos’è il bene ma per diventare uomini buoni.”
(Etica Nicomachea, 2.2.1003b26-28)
1. PREMESSA. Sono stato lusingato, e stimolato, dall’invito di Alberto Lampugnani, che ringrazio, di contribuire a uno dei tre numeri della Rivista
Italiana di GruppoAnalisi sul tema: “Crisi e nostalgia dei fondamenti”. Proverò a svolgere alcune variazioni intorno al tema focalizzandomi sul ristretto campo
della mia attività professionale, che è la terapia delle parole con le parole, e che si svolge nell’ambito battezzato “Conversazionalismo” (Lai G., 1993; 1995;
2001).
2. IL CONVERSAZIONALISMO È UNA PRATICA, QUINDI UNA SEQUENZA ETICA E TECNICA. Che cos’è il Conversazionalismo? Il Conversazionalismo è, in un
senso, una pratica terapeutica, quindi, prima di tutto, in questo senso, un dispositivo, etico e tecnico, che orienta i conversanti nella pratica professionale
delle conversazioni terapeutiche con i loro pazienti. Nel suo aspetto di pratica, il Conversazionalismo ha una scena di lavoro, degli oggetti che abitano la scena
conversazionale terapeutica, persegue un obiettivo, appronta degli strumenti in vista della realizzazione degli obiettivi. Passeremo in rassegna, uno dopo l’altro, gli oggetti, gli obiettivi, gli strumenti della scena conversazionale.
3. GLI OGGETTI DELLA SCENA CONVERSAZIONALE. Tra i ricercatori e i clinici che fanno terapia con le parole, alcuni, una minoranza, tuttavia consistente, registrano e trascrivono le parole delle loro conversazioni, mentre altri,
decisamente la maggioranza, escludono il registratore dalle loro stanze di lavoro.
Tra quelli che registrano e trascrivono le parole delle conversazioni professionali individuiamo due gruppi distinti di ricercatori…