Quanti volti di animali; teschi spellati e messi in mostra…
I nostri macellai, in fondo, sono diventati più discreti!
Da allora ho cominciato ad avviarmi verso il vegetarianismo.
Non per motivi religiosi (quelli dichiarati da ebrei, mussulmani, avventisti ecc.); cioè, non perché sono “immondi”; ma proprio perché sono “mondi”.
Anche se, ma questo da sempre, i vegetariani puri e duri mi hanno sempre sconcertato. Quasi che i vegetali non soffrissero ad essere sminuzzati, cotti, masticati… e il peggio: digeriti! Cioè, privati della loro individualità e assimilati alla nostra.
Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, è il titolo di un libro di Stefano Mancuso (dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale ed è membro fondatore della International Society for Plant Signaling and behavior) e di Alessandra Viola (Giunti, 2013; leggete anche Cleve Baxter): le piante sono dotate di sensi, dormono, hanno un carattere, comunicano fra loro e con gli animali (fanno “conversazione”: le virgolette sono di Mancuso), adottano strategie per la sopravvivenza, hanno una vita sociale.
Sono intelligenti!
Sono simili a noi? Tutt’altro: sono estremamente più sensibili e, oltre ai nostri cinque sensi, ne possiedono almeno un’altra quindicina. Per esempio, sentono e calcolano la gravità, i campi elettromagnetici, l’umidità e sono in grado di analizzare numerosi gradienti chimici.
Insomma, hanno un “cervello radicale” (the root-brain hypothesis): un’intelligenza “distruibita” che fa “capo” alle radici che si configura come “una rete Internet vivente”.
È bene ricordare che, tra i terroristi interni, gli USA contemplano varie espressioni dell’animalismo e dell’ecologismo violento: l’Elf, il Fronte per la Liberazione della Terra, e l’Alf, il Fronte per la Liberazione degli Animali.
Quasi che non fosse violento – ma anche e insieme essenziale – uccidere i microbi che attentano, da par loro, alla nostra vita. (Peraltro, 600 specie di piante sono carnivore; le Nepenthes, ad esempio, cacciano e divorano lucertole, topi! Morderous Plants!, le definisce Chase. A ben pensarci, essere vegetariani è un’ambizione destinata al fallimento).
Eppure, questi Fronti qualche ragione ce l’anno. Leggete o rileggete, dello splendido David Foster Wallace, Consider the lobster.
Wallace fa l’inviato speciale (tipo: in Cambogia); partecipa ad una grande festa in cui viene polpottizzata (da Pol Pot) un’immensità di aragoste.
Qui sotto alcune fotografie con degli amici e una/due aragoste; siamo del ’70 a Ginostra;
pensavo di avere la fotografie della messa in cottura delle due aragoste fatta con l’immersione delle medesime, vive!, nell’acqua bollente. Forse una forma di raccapriccio ha impedito di fotografare l’evento.
La Svizzera!, la Svizzera, prima e penso unica nazione al mondo, nel 2008 ha riconosciuto i diritti delle piante! (Il titolo del documento prodotto dal Federal Ethics Committee on Non-Human Biotechnology: Dignity of Living Beings with REgard to Plants. Moral Consideration of plants for their own Sake).
Ma, insistiamo: ricordate Pascal? L’uomo è una canna, ma una canna “pensante” (un roseau pensant).
E l’animale?, non pensa, non sente?
Per usare il linguaggio dei fenomenologi: l’animale non ha un mondo (una Welt)?
Darwin, alla conclusione del suo The Formation of Vegetable Mould, through the Action of Worms, with Observations on Their Habits, nel 1881, esaltava la loro intelligenza: “Ma la vera sorpresa consiste nel fatto che chiaramente [i vermi] mostrano di possedere some degrees of intelligence instead of a mere blind instinctive impulse nel modo in cui tappano l’aperura delle gallerie. They act in nearly the same manner as would a man…
[[[Ogni uomo? Basta che un uomo sia soggetto a una pulsione a ripetere, sia vittima di un transfert, perché egli si comporti come un animale!]]]
… che dovesse chiudere un tubo cilindrico con diversi tipi di foglie, peduncoli, triangoli di carta, ecc., perché normalmente afferrano tali oggetti per la parte aguzza. Ma nel caso di oggetti sottili, un certo numero viene tirato dentro afferrandoli per la parte più larga. They do not act in the same unvarying manner in all cases as do most of the lower animals [[[e degli uomini!]]]; per esempio, non trascinano le foglie per il peduncolo, a meno che la foglia sia altrettanto stretta alla base che all’apice, se non di più”.
(Ma, solo un anno prima del testo citato dianzi, Darwin, in collaborazione col figlio, Francis, pubblicò The power of movement of Plantes dove sostine che le piante sono fornite di un cervello: “It is hardly an exaggeration di say that the tip of the radicle thus endowed, and having the power of directing the movements of the adjoining parts, acts like the brain of one of the lower animal; the brain being seated within the anterior end of the body, receiving impressions from the sense-organs, and directing the several movements”).
Recentemente, in occasione di una cena imbandita da una mia amica, ho visto una giovane geagle – la cagnolina di una degli invitati che non conoscevo – coinvolgere Otto (che io chiamo (8 ½, un cercatore di tartufo), il cane della mia amica, in balletti creativi, divertenti, perfetti.
Non avevo mai vissuto una così immediata e profonda intimità. Con qualcuno.
Quella giovane geagle, l’avrei adottata!
Mesi più tardi, 8 ½ mette al mondo, evidentemente con l’aiuto di una compagna, ben otto cuccioli. Che tenerezza! La seconda volta che siamo andati a trovarli a Regello: voraci, voracissimi, succhiano il latte alle mammelle materne… Ad un certo punto la madre si alza e si allontana; l’amica presso cui vive la cucciolata, li carezza con le mani: tutti si spostano dai capezzoli delle mammelle alle dita delle mani; ai loro polpastrelli; faccio altrettanto con le mie mani (con i miei polpastrelli). E scopro la bellezza di essere un “oggetto transizionale” (il transito: dai capezzoli ai polpastrelli; questi ultimi non erogano latte, ma carezze; un altro fondamentale nutrimento).
Ma parliamo di animali addomesticati.
E quelli feroci?
Forse bisogna sapere accettare la “crudeltà” dell’esistenza; l’homo homini lupus fa sicuramente il paio con il lupus lupo homo ecc…).
Contro l’homo homini lupus di Hobbes, Spinoza sosteneva: hominem homini Deum esse (l’uomo è Dio all’uomo); quando? Nihil singulare in rerum natura datur quod homini sit utilius quam homo qui ex ductu rationis vivit.
Ma bisogna accettare di uccidere ed essere uccisi. Forse anche scegliere d’essere sacrificati; come Kafka.
Solo adesso mi scuote la fine del Processo: “‘Come un cane!’, disse, e gli parve che la vergogna gli dovesse sopravvivere”.
Wie ein Hund!
Nella maggior parte dei casi questo paragone è avvilente: esso implica che ai cani possa essere riservata una sorte che non si addice all’uomo (all’essere umano). Più in generale si dice “come un animale”! Ma chissà, molto probabilmente Kafka non faceva questo paragone avvilente; egli si collocava al posto del cane (anche al posto del topo); per subire la sua medesima sorte. Non a caso la scena finale del Processo equivale, quasi tratto per tratto, al sacrificio sul Golgota.
Quanto è amaramente tronfia e ridicola la dizione “equilibrio ecologico”! Di fatto: tutto va al meglio se le razze di scannano nei limiti del conveniente; il conveniente essendo l’equilibrio: nessuna razza verrà distrutta… Pensate a trasferire questo equilibrio dal mondo animale e vegetale a quello umano!
Marx, figlio, a mio parere, del più grande filosofo di tutti i tempi, Hegel, non invitava a sognare! Non progettava! Presumeva di leggere la realtà; e pensava di poter predire il suo evolvere. Agli ingenui parrà sorprendente ch’egli accettasse l’inevitabilità di quel che chiamava “accumulazione primitiva”, con tutto il suo grondare lacrime e sangue: la lotta feroce per la sopravvivenza, l’assoggettamento dell’altro a schiavo, l’abuso degli infanti nel lavoro e altrove. (Mai avrebbe tradotto il tedesco Schuld con “colpa” ma semplicemente con “debito”…). Lo Zeit-Geist hegeliano, lo spirito del tempo, del nostro tempo, non tollera schiavitù, abuso ecc. Rifiutarli significa ubbidire allo spirito di questo nostro tempo. Chissà, non è forse lontano il tempo (e il suo spirito) in cui si considererà lo sfruttamento degli animali, anche del terreno… come un’inevitabile “accumulazione primitiva”; dalla quale potremmo emanciparci; e forse da essa ci emanciperemo. Ma non per amore della natura, animale, vegetale, minerale ecc.; per ubbidienza allo Spirito-del-Tempo!
Il pensiero va alla reincarnazione.
Shopenhauer giustamente pensava – e Freud a lui si ispirò – alla pulsione fondamentale come pulsione alla sopravvivenza. Ma siamo sicuri che si tratta della sopravvivenza della specie? O del pianeta? O del cosmo?
Non a caso Shopenhauer teorizzò l’ambizione al Nirvana; come ambizione al non sopravvivere.
C’è chi crede alla reincarnazione come ad una cosa auto-evidente! Personalmente considero più lungimirante l’ipotesi che vuole la reincarnazione come una condanna: condanna all’essere; a cui ci sottrae l’approdo al Nirvana, al nulla (la moksha).
A un nulla forse solo sperato. Perché la fine di questo mondo (non solo la finis Austriae o suo equivalente), la fine di un cosmo, di una cometa… coinciderà con la nascita di altro.
A proposito di cani… Ad Addis Abeba, fotografie di un cane che condivide la sorte degli umani a cui è devoto (e che lo sono a lui).
E di un gatto, questa volta a Marrakech, che se la gode. Almeno qualcuno può!
Da Le compte de Monte-Cristo:
“– Des forçats qui font la sieste! Plaignez donc ces gaillars-là, dit l’abbé.
– Dame? Fit Caderousse, on ne peut pas toujours travailler, on n’est pas des chiens.
– Heureusement pour les chiens, dit Monte-Cristo”.