Con un tassista amico di Betty, il primo giorno, concordiamo questo programma: mi porterà in giro, quando avrò voglia di approfondire, fotografare, parcheggierà…
Talvolta mi segue (quasi mi pedina; con fare protettivo).
Nel bel mezzo di questa perlustrazione, mi invita a visitare lo zoo.
Dentro lo zoo: una grande delusione: animali pochi e decrepiti.
In compenso, la folla gremita sulle gabbie.
E io fotografo, non gli animali, ma gli uomini!
Invertendo l’ordine usuale delle cose.
Quasi che allo zoo, in questo zoo, a farsi vedere (e fotografare) ci fossero gli uomini e non gli animali.
Fotografo qua e là.
Un fatto (anzi: due) straordinario (straordinari): una mamma mi invita a fotografare i suoi figli; dopo un po’, siamo verso l’uscita, un padre, elegantissimo, mi invita a fotografare se stesso e i suoi eleganti figlioli: date loro un’occhiata! Un ragazzo, accortosi che faccio fotografie à tout le monde, mi chiede di potersi mettere in posa; prima chiama degli amici. Altri seguono il suo esempio. (Poche fotografie di bambini fuori dallo zoo). Un etiope offeso potrebbe apostrofarmi: “Che?, ci prendi per degli animali? E fotografi noi come se fossimo gli animali dello zoo?”
Risponderei di sì.
Sono venuto a vedere lo zoo che si chiama Addis Abeba!
Ma preciserei che un animale lo sono anch’io: per loro…
E rivendicherei i diritti degli animali, anche di quelli ingabbiati!
In ogni caso, poco è mancato che mi si nominasse “fotografo di Corte” (di Zoo).